PERSA NELLA NEBBIA CON LE BAMBINE

Ti è mai capitato di passare un weekend stupendo che, a causa di un evento, si è trasformato in un attimo nella tua paura più grande?

Finalmente, dopo tanto lavoro, era giunto il momento che mi prendessi una piccola pausa e il mio compagno Roberto aveva insistito per una vacanzina in beato relax e divertimento. Organizzammo di passare un weekend lungo sulle montagne innevate nello Chalet di amici, che ci avrebbero ospitato. Eravamo tutti sciatori e la neve in quel periodo dell’anno era assolutamente incantevole, le bambine esultarono alla notizia e anche io ne fui sinceramente felice. Marta e Chiara ormai erano grandicelle: anche se io mi ostinavo a chiamarle ancora bambine, erano delle bellissime ragazzine di 14 e 16 anni. Durante il viaggio eravamo tutti euforici e arrivammo allo Chalet con molta leggerezza nel cuore. La neve era davvero molta, tanto che, per arrivare alla porta di entrata, dovemmo camminare con la neve fino alle ginocchia. Le piste da sci erano inoltre vicinissime al nostro alloggio, potevamo dire che fosse tutto perfetto. 

La mattina seguente, la sveglia fu data dalle risate dei ragazzi che fremevano per andare a sciare: noi adulti fummo travolti dalla loro gioia. Trascinandomi di forza fuori dal letto caldo e confortevole, infilai la tuta da sci, pronta per trascorrere una giornata immersa nella montagna e nelle piste. Sciammo per tutto il giorno: la neve sotto gli sci era battuta ma soffice, non era lastricata di ghiaccio. Trovare così le piste da sci ci parve un sogno, sembrava di scivolare su onde di spuma bianca. Il sole era tiepido ma l’aria ghiacciata, avvolti nelle tute da sci si stava davvero bene. A metà giornata avevamo tutti una gran fame, così andammo a mangiare e il pasto ci sembrò ancor più buono: eravamo tutti comodamente seduti attorno al tavolo con davanti un bel piatto di polenta taragna, mentre i ragazzi si erano presi il solito panino super farcito che, per digerirlo noi vecchietti, ci avremmo messo una settimana. Guardavo tutti con molta gioia, vederli in quello stato di felicità mi riempiva il cuore; nulla avrebbe rovinato quel momento così perfetto.

Il tempo passava e stare seduti con la pancia piena aveva quietato i nostri corpi. Nessuno aveva fretta di tornare a sciare ma si era fatto tardi e se volevamo godere ancora le ultime discese dovevamo uscire: il sole ormai era tramontato e il buio stava iniziando ad annebbiarci la visuale. Iniziammo a faticare nel vedere i dossi, quindi rallentammo le discese e proseguimmo sempre in fila indiana, come avevamo fatto per tutto il giorno. Durante l’ultima discesa dissi alla mia famiglia che le piste avrebbero chiuso tra non molto, eravamo tutti stanchi, ma chissà quando ci sarebbe ricapitata una giornata come quella… Volevamo restare fino all’ultimo e così facemmo, via per l’ultima discesa.

La stanchezza fece rallentare noi donne, che chiudevamo la pista: io guardavo spesso indietro verso le ragazze per riuscire a mantenere una certa distanza. Ad un certo punto, mi voltai e il mio sguardo cadde sul pendio: fui invasa da una caligine così spessa che dovetti fermarmi di colpo. I ragazzi davanti me mi avevano distanziata troppo, non vedevo più nulla. Chiamai le ragazze che arrivarono alle mie spalle, seguendo la mia voce, ci avvicinammo il più possibile una all’altra – per quanto fosse possibile con gli sci – e ci guardammo: eravamo sole in mezzo al nulla, nessun altro stava scendendo dal pendio e un silenzio irreale ci circondava. Era così buio che solo il chiarore della neve emanava un barlume di luce. “Mamma che cosa facciamo?”, “Mamma ho paura, non ci sente nessuno anche se urliamo forte” mi sentivo dire dalle mie figlie… La nebbia fitta ci circondava ostilmente, quasi a voler imporre su di noi la sua potenza suprema: in quel momento aveva in pugno le nostre vite. Non potevamo fare nulla perché i nostri occhi non riuscivano a vedere, era come se avessimo grandi mura attorno a noi che bloccavano i nostri movimenti, eravamo intrappolate senza che nessuno ci sbarrasse fisicamente la strada. Non potevamo stare lì ferme, dovevo fare qualcosa: non avrei mai permesso che succedesse nulla alle mie figlie e quello doveva essere il nostro meraviglioso weekend. Dissi alle ragazze di stare calme, anche se io ero la prima a non esserlo. Il tempo passava e ogni minuto diventava sempre più buio. Ricordavo la pista ed ero consapevole degli strapiombi segnalati da cui dovevamo stare lontane. Dentro di me mi incolpai di aver accettato di fare un’altra discesa ma non era quello il momento per piangersi addosso. Le parole che uscirono dalle mie labbra in quel momento furono quelle di una preghiera: “Dio santissimo, che cosa dobbiamo fare? Da che parte dobbiamo andare?”. Trovai il coraggio e la forza di agire: feci alzare le ragazze da terra, nascondendo la mia profonda insicurezza, non c’era soluzione, dovevamo scendere dal pendio e così facemmo. Non sapevamo dove stessimo andando, tutto era cieco ai nostri occhi, solo il nostro sentire poteva accompagnarci. Le ragazze unirono il loro coraggio al mio e lentamente scendemmo tutta la pista. Sentimmo il rumore di altri sci e iniziammo a urlare aiuto fino a che una luce fioca ci raggiunse, era il chiudi pista. Sentii il cuore più leggero e tutte ci sentimmo subito sollevate nel vedere quell’omino che ci avrebbe portato in salvo. Lo seguimmo e, dopo quello che ci sembrò un tempo interminabile, arrivammo in  fondo valle, dove ci stavano aspettando preoccupati i ragazzi.

Ancora una volta Lui ci ha aiutato, il suo amore per noi ci mette in salvo da situazioni difficili, certe volte persino impossibili da spiegare. Tutti noi abbiamo accanto il nostro Angelo, è così. È lo spirito che ci accompagna e che interviene nel momento del bisogno, è il bisbiglio che sentiamo all’orecchio. Sì certo, anche tu ne hai uno, è solo che fai fatica a sentirlo: lo capisco, anche io ero come te, “sorda”.                                                                                       Posso darti un piccolo consiglio? Lasciati aiutare e ti assicuro che, pian piano, sarà più semplice. Porta con te il tuo Angelo,  scegli quello che pensi faccia al caso tuo e poi dimmi cosa senti, sarò pronta ad ascoltarti.

Ti aspetto venerdì prossimo dove ti racconterò un’altro episodio che mi è accaduto, e come il mio Angelo è intervenuto ancora una volta.

In aggiunta, ti lascio il link per scaricare gratuitamente la guida al gioiello: al suo interno troverai anche un piccolo regalo a te dedicato, utilizzabile fino alla fine di marzo scarica guida

Un abbraccio…

Saphira.

 

Correzioni e proofreading

Angela Baldelli